Alcuni di voi avranno già sentito il termine “contact tracing” la tecnologia che gli stati stanno implementando per tracciare i contagi. Colossi come Google ed Apple hanno messo assieme i loro sforzi per creare un’infrastruttura in grado di far dialogare tramite Bluetooth i cellulari delle persone per tracciare spostamenti ed eventuali contatti con persone infette.
Una tecnologia che ad alcuni fa storcere il naso per le implicazioni sul tema della privacy ma che forse potrà aiutare a limitare e prevenire fenomeni pandemici come quelli che stiamo vivendo.
La risposta più ovvia sarebbe gli ospedali e le Asl dopo aver sottoposto i soggetti a tampone, standard diagnostico che però ha due difetti: è costoso e lento da effettuare.
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Un secondo metodo potrebbe essere possibile e le farmacie potrebbero giocare un ruolo fondamentale: i test sierologici. Trattasi di strumenti diagnostici che vanno a ricercare nel sangue venoso gli anticorpi IgG o IgM diretti verso alcuni bersagli molecolari del COVID-19 che potrebbero generare immunità. Siamo ancora in una fase preliminare delle sperimentazioni di questi tool ed ancora nessuno è stato “validato” o certificato per l’uso in autoanalisi, ma siamo sulla strada giusta.
Il farmacista, opportunamente istruito, dotato di dpi e spazi idonei potrebbe ridurre il carico di lavoro agli ospedali effettuando i test alla popolazione della sua area di competenza arricchendosi così anche di nuovi servizi e fonti di marginalità.
In questa nuova fase le farmacie, data la loro diffusione capillare sul territorio, potranno essere determinanti e rivendicare la loro centralità nel sistema sanitario nazionale oltre che aiutare la società a rialzarsi più velocemente.
Alessandro Buraschi©
Data: 22 aprile 2020